Fortuna vuole che in questo mondo non siamo tutti uguali. A sentire la parole Hollywood, i primi pensieri che affiorano alla nostra mente sono soldi, ozio, e bellavita. Ma non per tutti è così. Per il fascinoso Richard Gere ad esempio. Dietro il suo leggendario fascino che l' ha reso un 'icona sexy per milioni di donne di tutti i continenti, c'è dell'altro, molto altro. La star di Pretty Woman, e di altri film indimenticabili, il meraviglioso sessantunenne grande incantatore in “servizio permanente”, ha trovato nel buddismo tibetano la ragione della sua esistenza. La ragione vera. Ex cristiano, Richard Gere ha trovato rifugio nel Buddha che attraversoi suoi insegnamenti indirizza i suoi seguaci verso la definitiva liberazione dalla sofferenza. Probabilmente stanco della profonda inconsistenza delle persone che popolano l'habitat hollywoodiano, il divo ha cercato attraverso i valori dell'Oriente, un anticorpo per la propria libertà interiore fortemente minacciata dalle sfrenatezze consumistiche.
Valori che si manifestano nella meditazione, concentrazione, profonda analisi, e che secondo la religione buddhista, conducono allo sviluppo delle fondamentali facoltà spirituali. Gere, una volta intrapreso questo cammino, l'ha seguito con devozione e concentrazione, riuscendo a coronare il sogno di ogni buddhista; incontrare, non una, ma per ben due volte la massima autorità spirituale del buddismo tibetano, il Dalai Lama. Una volta a Roma in occasione del quinto congresso mondiale parlamentare sul Tibet, e una volta a Bodghaya. Qui, insieme con altri 500 buddhisti, marcia a lume di candela tutta la notte per una sessione spirituale durata 5 giorni che aveva come obiettivo quello di richiedere pace e prosperità per l'intero mondo. Al termine della sessione il suo commento è stato: “ E' stata un esperienza straordinaria, siamo tutti fratelli e sorelle”. Praticante se ce n'è uno, il bel Richard, non perde occasione per esercitare e approfondire la sua cultura orientale. Dal 21 giugno, il divo Hollywoodiano, si è recato con moglie e figlio al seguito, nella capitale sud coreana Seoul dove è rimasto per cinque giorni. Qui, ha avuto l'oppurtunità di visitare i tempi sacri della tradizione tibetana, come il tempio di Jogye, e ha promosso la sua mostra fotografica “Pilgrim”, finalizzata ad illustrare la difficile situazione che attraversa questo paese. Il tutto in compagnia del monaco Jaseung, capostipite del Jogye Order, nelle vesti di guida speciale di questo “tour” religioso. La mostra, esposta all'Arts Center di Seoul, ha il compito e il merito, di toccare il tema caldo degli screzi che vedeno protagonisti la Cina e il Tibet. La prima, sostiene con fermezza che il Tibet abbia appartenuto per secoli al suo territorio, mentre i rappresentanti tibetani affermano orgogliosi che la regione sia stata indipendente per gran parte della sua storia. In merito alla mostra, Gere ha dichiarato :” Osservando queste fotografie, è impossibile non cogliere la sofferenza del Tibet”. Risulta palese come questo argomento tocchi da vicino il sessantunenne di Philadelphia che da quando è arrivato in Tibet, ha ricevuto un' accoglienza particolare. Per certi versi, è come se fosse casa sua.
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