L'altra sera stavo guardando Fabio Fazio su Rai3 con il mio amato Ivano Fossati come ospite. L'occasione era la presentazione live di due brani contenuti nel nuovo album "Decadancing".
Live una "beneamata ceppa" (anzi, come dicono dalle parti mie e di
Ivano... un "beneamato belino") visto che il primo pezzo, il singolo
"Decadance", era in un imbarazzante playback. Poi Fazio raggiunge sul
palco il cantautore e insieme i due affermano che, dopo la pubblicità,
dovranno fare un annuncio importante... e già qualcosa comincia a
puzzarmi. Passano gli spot e il mistero viene svelato: il cantautore 60enne,
forse il più raffinato tra quelli attualmente in attività, afferma
serenamente che il disco in uscita sarà l'ulimo della sua carriera, così
pure il tour che inizia a Milano il prossimo 9 novembre!

Che dire?!? Tutto molto coerente e con la consueta eleganza che ha
sempre contraddistinto le sue scelte... anche se la cosa - personalmente
- mi intristisce e parecchio. La sua discografia solista non è
ricchissima ma ha inciso in maniera profondissima nella cultura musicale
italiana: album come "La pianta del te", "Macramé", "Lindbergh", "La
disciplina della terra" disegnano un percorso artistico unico per la
capacità di conciliare strutture musicali sofisticate con la qualità
squisitamente letteraria dei testi.
Fossati è un esempio perfetto di come si possano conciliare una
personale ricerca artistica e la difesa della propria indipendenza
intellettuale con le logiche commerciali delle grandi platee. Non è mai
stato, né ha mai voluto esserlo, un divo da stadio ma ha creato con il
pubblico un rapporto di fiducia assoluta: in un certo senso i
"fossatiani" rappresentano un mondo a parte nell'universo dei fan... ed
io posso dire, orgogliosamente, di esserlo stato!
(Luca Varani)
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